Discussione:
Grande esempio.
(troppo vecchio per rispondere)
Icarus
2005-06-23 20:52:59 UTC
Permalink
Tratto da www.scuole.vda.it/Ecole/sport/03.htm

*********
Un virus in famiglia

La nonna dei miei figli, Laurent, Patrick e Pilar, è Gabre Gabric. Nata
a Zara e cresciuta a Chicago, rientrata in Dalmazia a 15 anni, come
molti giovani dalmati si divideva tra nuoto e canottaggio, ma fu
nell'atletica che si mise subito in luce nelle gare federali cui la
Società Ginnastica Zara partecipava in Ancona. A soli 19 anni,
nell'incontro Italia-Svizzera a Piacenza il 7 giugno 1936, Gabre stabilì
il suo primo record italiano, lanciando il disco a 36 metri e 57 cm,
strappando il primato proprio ad una valdostana, Vittorina Vivenza, che
lo deteneva fin dal 1929 con 35,38. Gabre dal '36 al '39 lo migliorerà
ben otto volte, e solo nel 1947 la torinese Edera Gentile la batterà di
19 cm. Gabre ha partecipato a due olimpiadi, Berlino 1936, dove fu
decima in finale, e Londra 1948. Gareggia ancora: nel 2004, ad 87 anni,
ha vinto tre medaglie d'oro ai campionati nazionali master (getto del
peso, lancio del disco e del giavellotto), stabilendo tre nuovi primati
di categoria.
Mio padre, Alessandro Calvesi, suo marito, non fu da meno. Era un buon
ostacolista, ma fu soprattutto il più grande allenatore che il nostro
paese abbia avuto. Riuscì, unico al mondo, a portare ben cinque
ostacolisti nella stessa finale olimpica. Accadde a Tokyo nel 1964 e uno
dei cinque era un ventenne valdostano, Eddy Ottoz, che si classificò
quarto.
Eddy per potersi allenare si era trasferito, dividendosi tra Formia,
dove l'inverno non esiste, e Brescia, dove poteva allenarsi sotto la
guida di mio padre. In sei intense stagioni, dal 1964 al 1969, ottenne
19 volte il primato italiano dei 110 ostacoli (hs) una medaglia di
bronzo nei Giochi di Città del Messico, due ori nelle Universiadi del
1965 e 1967, due negli europei del 1966 e 1969, quattro negli europei
indoor.
Lo sposai nel 1969 e iniziò così un sodalizio nella vita e nello sport,
che dura tuttora.
Infine, la terza generazione: i nostri tre figli. Laurent, il più noto,
ha stabilito i primati italiani su tutte le distanze ad ostacoli (60 m
indoor, 110, 200, 300 e 400), ed è ancora primatista mondiale dei 200
hs. Patrick ha partecipato ai mondiali di Göteborg nel 1995 e ai
mondiali universitari in Giappone. Pilar ha purtroppo abbandonato
l'atletica a 17 anni per problemi ad un ginocchio, dopo esser stata una
speranza degli ostacoli da giovanissima e aver saltato 1,78 m in alto a
15 anni.
In tre generazioni nipoti, papà e nonna hanno partecipato a cinque
olimpiadi (Laurent a Barcellona nel 1992 e Atlanta nel 1996, Eddy a
Tokyo nel 1964 e Città del Messico nel 1968, Gabre a Berlino nel 1936 e
a Londra nel 1948). Una curiosità: nello stesso stadio, l'Olympiastadion
di Berlino, nel 1936 la nonna si classificò decima ai Giochi, il padre
fece il suo primo record italiano il 30 luglio 1964, e il nipote, a
trent'anni esatti, il 30 luglio 1994, stabilì il suo primo record
nazionale (13"42 nei 100 hs) strappandolo al papà, che ancora lo
deteneva...
Coincidenza o destino?
Difficile dirlo. Ritengo che la nostra sia una famiglia sicuramente
"speciale" e in un certo senso fuori dal comune e quindi "eccezionale"
perché tutti noi abbiamo scelto lo sport e lo viviamo ogni istante con
forte passione. Siamo stati educati attraverso lo sport ed abbiamo
educato i figli con lo sport perché lo sport è salutare e formativo.
I principi della convivenza e del rispetto delle regole si imparano
tanto sul campo sportivo quanto nella vita di ogni giorno. Se impariamo
a rispettare l'avversario impareremo a rispettare noi stessi.
Insegnare a giocare e a divertirsi attraverso lo sport ed insegnare lo
sport attraverso il gioco e il divertimento sono i nostri fondamenti.
I giovani devono provare sia a vincere sia a perdere.
Devono essere felici con chi vince. Un sano spirito agonistico è
finalizzato al miglioramento di se stessi. Vincere con i deboli non fa
crescere, aiutarli sì. Perdere con i forti sprona al miglioramento.
Nell'Atletica c'è posto per tutti.
Il bimbo più gracile può individuare una specialità dove riuscire, così
come pure il bimbo che è in sovrappeso uno sport in cui ritrovarsi. Dai
6 agli 11 anni, è bene imparare a correre, lanciare, saltare unicamente
attraverso il gioco, mentre dai 12 ai 14 anni, è opportuno acquisire le
prime nozioni tecniche, evitando così ogni specializzazione precoce,
come recita anche lo statuto della società: "La società ha per finalità
lo sviluppo, la diffusione, la coordinazione e la promozione
dell'Atletica Leggera in tutte le sue varie componenti formative,
educative, didattiche, scientifiche e le attività ad esse connesse, con
il fine principale del raggiungimento del massimo livello agonistico.
L'Associazione s'ispira ai principi etici di una corretta pratica
sportiva e rifiuta e combatte il ricorso alla pratica del doping. Essa
svolgerà anche tutte quelle attività culturali, ricreative e financo
turistiche, che permetteranno ai giovani e agli adulti di aggregarsi e
di crescere in armonia e rispetto reciproco."
Dire proprio che Sport e scuola sono conciliabili. La percentuale dei
ragazzi che va bene a scuola, all'interno della società CALVESI, è
altissima. Solo il 2% ha qualche problema legato allo studio.
Ritengo sia importante dare sempre la precedenza agli impegni
scolastici, ma mi piacerebbe ci fosse più attenzione agli impegni
sportivi scolastici ed extrascolastici (perché fissare compiti in classe
ed interrogazioni in concomitanza di gare scolastiche regionali e
nazionali?). È auspicabile e necessaria più collaborazione con la
scuola.
Anche la presenza dei genitori è importantissima. Ci sono ragazzi che
da dieci anni frequentano il campo e non conosciamo ancora i loro
genitori: mai visti ad una gara, ad un allenamento, ad una premiazione.
Altri genitori dovrebbero, invece, fare un passo indietro poiché sono
troppo presenti: pretendono di fare gli allenatori e si intromettono,
talvolta di nascosto. I risultati importanti si ottengono con lavori
equilibrati e graduali. Se faccio fare a tredici anni cinque o sei
allenamenti alla settimana, quanti ne dovrò fare a venti anni per
garantire una progressione sicura?

Lyana Calvesi

************

Sapete una cosa?
Sono orgoglioso di avere un simile Presidente!
Ora capite perchè dal nulla più assoluto sono tornato sulle piste e mi
sono immolato alla causa Societaria?
:o)
--
Icarus
Scuderi Giuseppe
2005-06-24 06:15:28 UTC
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Ora capisco perchè gli Ottoz sono tutti campioni.
Sono in partenza geneticamente migliori ;o)
Post by Icarus
Tratto da www.scuole.vda.it/Ecole/sport/03.htm
*********
Un virus in famiglia
La nonna dei miei figli, Laurent, Patrick e Pilar, è Gabre Gabric. Nata
a Zara e cresciuta a Chicago, rientrata in Dalmazia a 15 anni, come
molti giovani dalmati si divideva tra nuoto e canottaggio, ma fu
nell'atletica che si mise subito in luce nelle gare federali cui la
Società Ginnastica Zara partecipava in Ancona. A soli 19 anni,
nell'incontro Italia-Svizzera a Piacenza il 7 giugno 1936, Gabre stabilì
il suo primo record italiano, lanciando il disco a 36 metri e 57 cm,
strappando il primato proprio ad una valdostana, Vittorina Vivenza, che
lo deteneva fin dal 1929 con 35,38. Gabre dal '36 al '39 lo migliorerà
ben otto volte, e solo nel 1947 la torinese Edera Gentile la batterà di
19 cm. Gabre ha partecipato a due olimpiadi, Berlino 1936, dove fu
decima in finale, e Londra 1948. Gareggia ancora: nel 2004, ad 87 anni,
ha vinto tre medaglie d'oro ai campionati nazionali master (getto del
peso, lancio del disco e del giavellotto), stabilendo tre nuovi primati
di categoria.
Mio padre, Alessandro Calvesi, suo marito, non fu da meno. Era un buon
ostacolista, ma fu soprattutto il più grande allenatore che il nostro
paese abbia avuto. Riuscì, unico al mondo, a portare ben cinque
ostacolisti nella stessa finale olimpica. Accadde a Tokyo nel 1964 e uno
dei cinque era un ventenne valdostano, Eddy Ottoz, che si classificò
quarto.
Eddy per potersi allenare si era trasferito, dividendosi tra Formia,
dove l'inverno non esiste, e Brescia, dove poteva allenarsi sotto la
guida di mio padre. In sei intense stagioni, dal 1964 al 1969, ottenne
19 volte il primato italiano dei 110 ostacoli (hs) una medaglia di
bronzo nei Giochi di Città del Messico, due ori nelle Universiadi del
1965 e 1967, due negli europei del 1966 e 1969, quattro negli europei
indoor.
Lo sposai nel 1969 e iniziò così un sodalizio nella vita e nello sport,
che dura tuttora.
Infine, la terza generazione: i nostri tre figli. Laurent, il più noto,
ha stabilito i primati italiani su tutte le distanze ad ostacoli (60 m
indoor, 110, 200, 300 e 400), ed è ancora primatista mondiale dei 200
hs. Patrick ha partecipato ai mondiali di Göteborg nel 1995 e ai
mondiali universitari in Giappone. Pilar ha purtroppo abbandonato
l'atletica a 17 anni per problemi ad un ginocchio, dopo esser stata una
speranza degli ostacoli da giovanissima e aver saltato 1,78 m in alto a
15 anni.
In tre generazioni nipoti, papà e nonna hanno partecipato a cinque
olimpiadi (Laurent a Barcellona nel 1992 e Atlanta nel 1996, Eddy a
Tokyo nel 1964 e Città del Messico nel 1968, Gabre a Berlino nel 1936 e
a Londra nel 1948). Una curiosità: nello stesso stadio, l'Olympiastadion
di Berlino, nel 1936 la nonna si classificò decima ai Giochi, il padre
fece il suo primo record italiano il 30 luglio 1964, e il nipote, a
trent'anni esatti, il 30 luglio 1994, stabilì il suo primo record
nazionale (13"42 nei 100 hs) strappandolo al papà, che ancora lo
deteneva...
Coincidenza o destino?
Difficile dirlo. Ritengo che la nostra sia una famiglia sicuramente
"speciale" e in un certo senso fuori dal comune e quindi "eccezionale"
perché tutti noi abbiamo scelto lo sport e lo viviamo ogni istante con
forte passione. Siamo stati educati attraverso lo sport ed abbiamo
educato i figli con lo sport perché lo sport è salutare e formativo.
I principi della convivenza e del rispetto delle regole si imparano
tanto sul campo sportivo quanto nella vita di ogni giorno. Se impariamo
a rispettare l'avversario impareremo a rispettare noi stessi.
Insegnare a giocare e a divertirsi attraverso lo sport ed insegnare lo
sport attraverso il gioco e il divertimento sono i nostri fondamenti.
I giovani devono provare sia a vincere sia a perdere.
Devono essere felici con chi vince. Un sano spirito agonistico è
finalizzato al miglioramento di se stessi. Vincere con i deboli non fa
crescere, aiutarli sì. Perdere con i forti sprona al miglioramento.
Nell'Atletica c'è posto per tutti.
Il bimbo più gracile può individuare una specialità dove riuscire, così
come pure il bimbo che è in sovrappeso uno sport in cui ritrovarsi. Dai
6 agli 11 anni, è bene imparare a correre, lanciare, saltare unicamente
attraverso il gioco, mentre dai 12 ai 14 anni, è opportuno acquisire le
prime nozioni tecniche, evitando così ogni specializzazione precoce,
come recita anche lo statuto della società: "La società ha per finalità
lo sviluppo, la diffusione, la coordinazione e la promozione
dell'Atletica Leggera in tutte le sue varie componenti formative,
educative, didattiche, scientifiche e le attività ad esse connesse, con
il fine principale del raggiungimento del massimo livello agonistico.
L'Associazione s'ispira ai principi etici di una corretta pratica
sportiva e rifiuta e combatte il ricorso alla pratica del doping. Essa
svolgerà anche tutte quelle attività culturali, ricreative e financo
turistiche, che permetteranno ai giovani e agli adulti di aggregarsi e
di crescere in armonia e rispetto reciproco."
Dire proprio che Sport e scuola sono conciliabili. La percentuale dei
ragazzi che va bene a scuola, all'interno della società CALVESI, è
altissima. Solo il 2% ha qualche problema legato allo studio.
Ritengo sia importante dare sempre la precedenza agli impegni
scolastici, ma mi piacerebbe ci fosse più attenzione agli impegni
sportivi scolastici ed extrascolastici (perché fissare compiti in classe
ed interrogazioni in concomitanza di gare scolastiche regionali e
nazionali?). È auspicabile e necessaria più collaborazione con la
scuola.
Anche la presenza dei genitori è importantissima. Ci sono ragazzi che
da dieci anni frequentano il campo e non conosciamo ancora i loro
genitori: mai visti ad una gara, ad un allenamento, ad una premiazione.
Altri genitori dovrebbero, invece, fare un passo indietro poiché sono
troppo presenti: pretendono di fare gli allenatori e si intromettono,
talvolta di nascosto. I risultati importanti si ottengono con lavori
equilibrati e graduali. Se faccio fare a tredici anni cinque o sei
allenamenti alla settimana, quanti ne dovrò fare a venti anni per
garantire una progressione sicura?
Lyana Calvesi
************
Sapete una cosa?
Sono orgoglioso di avere un simile Presidente!
Ora capite perchè dal nulla più assoluto sono tornato sulle piste e mi
sono immolato alla causa Societaria?
:o)
--
Icarus
Icarus
2005-06-25 13:06:59 UTC
Permalink
Post by Scuderi Giuseppe
Ora capisco perchè gli Ottoz sono tutti campioni.
Sono in partenza geneticamente migliori ;o)
Mica solo loro!!!
Anche gli atleti da loro tesserati... ;oD

Ehm... il quote si è sciolto dal caldo? ;o)
--
Icarus
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